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Pinel, Philippe.

Psichiatra francese. Conseguite le lauree in Lettere (1772) e in Medicina (1773) presso l'università di Tolosa, si dedicò allo studio delle malattie psichiatriche solo a partire dal 1785. Medico, in un primo tempo presso l'ospizio di Bicêtre (dal 1793) e successivamente presso il ricovero psichiatrico della Salpêtrière (1795), può essere considerato, insieme al suo discepolo Esquirol, uno dei fondatori della psichiatria moderna. Uomo di vasta cultura, amico di personaggi di grande rilievo, come gli ultimi enciclopedisti Condorcet e Lavoisier, P. rientra, accanto alle figure di Cabanis e di Bichat, tra gli esponenti più autorevoli di un'ideologia medica pervasa dallo spirito rivoluzionario e volta a un rinnovamento radicale, in vista di una nuova concezione del malato e della malattia. Nel periodo compreso tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX sec., infatti, con riferimento costante al concetto di "antropologia'' introdotto da Cabanis, si affermò una modalità di studio dell'essere umano diversa da quella tradizionale, attenta, nel contempo, sia agli aspetti fisiologici, sia a quelli riguardanti il sentire e il pensare dell'individuo. In tale contesto culturale e politico, P. affrontò, in particolare, lo studio dei soggetti alienati, proponendo un superamento dell'antica convinzione che l'alienazione fosse connessa all'ambito della metafisica, e riconducendo lo studio della "pazzia'' nell'ambito della medicina, in particolare delle "scienze fisiche'', quindi delle scienze nascenti, della fisiologia, della neurologia, della psicologia. P. riuscì, sostanzialmente, a rendere la malattia mentale oggetto di analisi scientifica, ponendo le basi per la successiva legge emanata dal Governo di Francia nel 1838, riguardante l'assistenza e la cura dei malati mentali. All'opera di P. si connette un radicale e rilevante cambiamento di mentalità, che trovò eco all'interno della psichiatria e delle scienze umane; il suo pensiero costituì il punto di partenza per le riflessioni e gli studi dei suoi allievi, che nel 1843 diedero vita agli "Annales médico-psychologiques'', occasione per esprimere le nuove teorie e concezioni raggiunte dal pensiero psicologico. Il lavoro di P. comprende, oltre alle teorie elaborate, pratiche terapeutiche concrete, improntate ad un atteggiamento finalmente umanitario nei confronti dei malati mentali. Partendo dal presupposto che fosse possibile determinare le cause storiche e ambientali della "pazzia'', P. affermò la certezza di poter trovare una cura di questa malattia, attraverso l'inserimento dei pazienti in ambienti nuovi. Il manicomio, allora, doveva divenire spazio in cui poter curare il malato, preoccupandosi della sua riabilitazione e del suo possibile reinserimento sociale. In netta rottura con la precedente immagine dell'ospedale, ritenuto luogo di contenzione, in cui semplicemente cercare di "contenere'' le manifestazioni di pazzia dei malati, P. propose una concezione dell'ospedale come luogo terapeutico, in cui attuare una rieducazione e un recupero dei malati. Utilissima, in questa direzione, fu ritenuta da P. la proposta di organizzare attività lavorative e ricreative, così da rendere la vita dell'ospedale sempre più vicina a quella normale. Membro dell'Istituto di Francia dal 1803, fu anche professore di Igiene, di Fisica medica e, in seguito, titolare della cattedra di Patologia alla Scuola di medicina di Parigi. Tra le sue opere più significative si ricordano: Nosographie philosophique ou la méthode de l'analyse appliquée à la médecine (1798); Traité médico-philosophique sur l'aliénation mentale ou la manie (1801) (Saint-André, Tarn 1755 - Parigi 1826).